Foxp2 controlla la comunicazione vocale inibendo Mef2c

 

 

DIANE RICHMOND

 

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XIV – 17 settembre 2016.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

Fin da quando si comprese l’importanza di FOXP2 per l’abilità umana di comunicare con la parola[1], ha avuto inizio quella straordinaria avventura sperimentale che si spera possa portare a definire tutti i meccanismi molecolari mediante i quali questo fattore di trascrizione esercita la sua influenza sui processi neuroevolutivi.

L’espressione di Foxp2 nei neuroni dei circuiti cortico-basali, in particolare nelle reti originate dalle connessioni fra la corteccia e lo striato, sembra di importanza cruciale per le sue funzioni durante lo sviluppo. Un numero notevole di studi nel corso degli anni ha riconosciuto al sistema cortico-striato il ruolo di sostrato neurale di processi e procedure in una gamma di funzioni che va dai programmi motori all’organizzazione ideativa. In particolare, i circuiti che collegano la corteccia alle formazioni grigie dello striato intervengono nell’apprendimento della lingua e nello sviluppo e nell’impiego di abilità esecutive legate alla comunicazione verbale. Parallelamente, è stata studiata la partecipazione di alterazioni di queste connessioni a disturbi psichici e del linguaggio. Piccole anomalie, come quelle riscontrate nelle sinapsi cortico-striate associate all’endofenotipo del disturbo ossessivo-compulsivo[2], potrebbero essere presenti in molti quadri psicopatologici. Alterazioni anche morfologicamente rilevanti sono state associate ai casi di disturbo autistico con i più gravi deficit della comunicazione verbale[3].

Ora, un nutrito team di ricercatori, in parte facenti capo ad istituti neuroscientifici di Taiwan e giapponesi, e del quale fa parte Ann Graybiel del MIT, ha studiato nello striato del topo un’interazione molecolare negativa fra il gene Foxp2 e il gene soppressore delle sinapsi Mef2c.

(Yi-Chuan Chen, et al. Foxp2 controls synaptic wiring of corticostriatal circuits and vocal communication by opposing Mef2c. Nature Neuroscience – Epub ahead of print doi: 10.1038/nn.4380, 2016).

La provenienza degli autori è la seguente: Institute of Neuroscience, National Yang-Ming University, Taipei (Taiwan); Department of Evolutionary Genetics, Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology, Leipzig (Germania); Department of Neurology, National Hospital Organization, Tottori Medical Center, Tottori (Giappone); Neuroscience Program, Institute of Molecular Biology, Academia Sinica, Taipei (Taiwan); Department of Brain and Cognitive Sciences, Massachusetts Institute of Technology (MIT), Cambridge, Massachusetts (USA).

Così si può introdurre Foxp2: “Sono numerosi i geni che negli anni recenti sono stati associati a disturbi del linguaggio, ma non era mai accaduto prima che un gene importante sia per l’ortofonia, sia per compiti cognitivi implicanti il pensiero verbale, si rivelasse precocemente attivo nello sviluppo embrionario dell’encefalo, potenzialmente intervenendo nello sviluppo psichico in generale. Per questo, fin dalla pubblicazione dei primi esperimenti relativi alla sua identificazione, FOXP2 ha suscitato un intenso dibattito sul suo ruolo fra genetisti molecolari e studiosi di varie discipline glottologiche”[4]. Dallo stesso articolo:

L’identificazione del gene da molti ritenuto il più importante nel controllo delle funzioni che ci consentono di parlare, ha avuto origine dallo studio di vari membri di una famiglia inglese cui si è dato il nome convenzionale di KE.

Un numero rilevante di bambini di questo gruppo familiare era sottoposto a terapia logopedica per sintomi che andavano dall’articolazione non intelligibile delle parole, ad un difetto della grammatica naturale che non consentiva loro la descrizione di una successione di eventi nel corretto ordine cronologico[5]. Gli studi condotti da Jane A. Hurst e collaboratori presso l’Oxford Radcliffe Hospital consentirono di accertare che circa la metà della famiglia KE per tre generazioni aveva manifestato lo stesso tipo di disturbi delle funzioni comunicative verbali, e permisero di rilevare che i membri sottoposti ad accurato studio clinico presentavano integrità dell’apparato fonoarticolatorio e dell’udito, così come abilità motorie fini e cognitive nella norma.

I risultati del gruppo della Hurst deponevano per un’alterazione genetica espressa nei neuroni cerebrali e circoscritta all’uso della parola.

A breve distanza di tempo un gruppo di genetisti dell’Università di Oxford, guidato da Simon E. Fisher, identificò nella famiglia KE un segmento sul cromosoma 7 dove con elevata probabilità aveva sede una mutazione. L’esatta identificazione del gene avrebbe richiesto molti anni di lavoro se non si fosse verificata una circostanza favorevole che guidò i ricercatori verso un rapido approdo: un bambino con un disturbo simile a quelli riscontrati nella famiglia KE presentava un difetto evidente sul cromosoma 7 con una rottura in corrispondenza del gene FOXP2.

Nel 2001 il gruppo di Fisher identificò nel gene FOXP2 le mutazioni responsabili dei sintomi nei KE[6] e, successivamente, altri gruppi riscontrarono forme mutanti dello stesso gene in pazienti con disturbi simili, confermando la scoperta.

Il gene FOXP2. Il nome deriva da quello di un’ampia famiglia di geni, FOX, ripartita in sottogruppi dalla A alla Q.  FOX sta per “fork head box”, una caratteristica sequenza presente in molti geni, e le cui mutazioni danno luogo nel moscerino della frutta Drosophila melanogaster ad una deformazione a forchetta della testa dell’embrione, da cui il nome.

FOXP2 vuol dire, dunque: gene della famiglia fork head box, sottogruppo P, membro numero 2. Altri membri dello stesso sottogruppo sono FOXP1, FOXP3 e FOXP4.

FOXP2 codifica un fattore di trascrizione, ossia una proteina che si lega a particolari segmenti del DNA, così determinando se altri geni saranno letti e tradotti nei loro rispettivi prodotti. La proteina FOXP2, in qualità di fattore di trascrizione, si ritiene che agisca da interruttore “on-off” di centinaia e forse migliaia di geni bersaglio.

Una mutazione in uno dei due alleli può comportare la riduzione alla metà delle molecole FOXP2 fisiologicamente valide, verosimilmente determinando lo sviluppo di disturbi come quelli osservati nella famiglia KE.”[7].

Per quanto riguarda Mef2c le conoscenze sono più limitate, e solo di recente è stata approfondita la sindrome da aploinsufficienza di MEF2C e riconosciuta quale disturbo neuroevolutivo caratterizzato da grave disabilità intellettiva, epilessia, movimenti stereotipati, anomalie cerebrali e lievi tratti dismorfici. La presenza di schemi motori anomali è molto frequente. In tutti i pazienti con mutazioni in Mef2c finora descritti sono sempre stati riscontrati grave deficit cognitivo, incapacità di parlare e manifestazioni epilettiche, mentre nelle duplicazioni del gene si rilevano lievi disturbi cognitivi e del linguaggio. Si ritiene che in pazienti con delezioni parziali possa essere assente o clinicamente irrilevante la patologia epilettica.

Le mutazioni nel gene sembrano spesso responsabili di un ritardo nel processo di rivestimento mielinico delle connessioni cerebrali durante lo sviluppo, mentre vere e proprie malformazioni della corteccia cerebrale sono state rilevate solo in pazienti portatori di microdelezioni. Sebbene la prevalenza dell’aploinsufficienza di MEF2C sia ancora da determinare, è stato suggerito di prenderla in considerazione nella diagnosi differenziale di pazienti con grave deficit cognitivo e segni clinici che ricordano la sindrome di Rett[8].

Ma, torniamo al lavoro oggetto di questa recensione.

In breve, lo studio dimostra che, nello striato del topo, il gene Foxp2 interagisce negativamente con il gene soppressore delle sinapsi Mef2c.

La sperimentazione ha fornito un’evidenza causale che l’inibizione di Mef2c da parte di Foxp2 nei neuroni dello striato di topi neonati controlla la sinaptogenesi di inputs cortico-striatali e le vocalizzazioni dei piccoli dopo la nascita.

Mef2c sopprime la formazione di sinapsi cortico-striate ed anche la genesi delle spine dendritiche, che normalmente compaiono sulle ramificazioni dell’apparato di recezione dei neuroni che ricevono i terminali sinaptici delle cellule di proiezione della corteccia cerebrale. Ma Mef2c stesso può essere represso da Foxp2 mediante il diretto legame al DNA.

La sperimentazione ha poi dimostrato che la delezione di Foxp2 de-reprime Mef2c e, nei mutanti con delezione di Foxp2, sia il decremento intrastriatale sia quello globale di Mef2c recupera la vocalizzazione e i difetti di spinogenesi intrastriatale.

Questi risultati suggeriscono che la segnalazione Foxp2-Mef2c è critica per la formazione del circuito cortico-striatale. Se, come è facile prevedere, si avrà conferma nella nostra specie di quanto è stato accertato da Yi-Chuan Chen e colleghi, saranno trovati difetti di questa segnalazione in numerosi disturbi neurologici e psichiatrici.

 

L’autrice della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza ed invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Diane Richmond

BM&L-17 settembre 2016

www.brainmindlife.org

 

 

 

 

_____________________________________________________________________________________________________________________

 

La Società Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia, affiliata alla International Society of Neuroscience, è registrata presso l’Agenzia delle Entrate di Firenze, Ufficio Firenze 1, in data 16 gennaio 2003 con codice fiscale 94098840484, come organizzazione scientifica e culturale non-profit.

 

 

 

 

 

 

 



[1] Si veda nella sezione “IN CORSO” del sito: “FOXP2 e la parola”; si raccomanda la lettura di questo articolo perché introduce dettagliatamente all’argomento ed è ancora di assoluta attualità nei contenuti.

[2] Si vedano: Note e Notizie 03-11-07 Sinapsi cortico-striate nel disturbo ossessivo-compulsivo; Note e Notizie 02-02-08 Fenotipo cerebrale ossessivo-compulsivo; Note e Notizie 19-05-12 Come agisce la DBS nel disturbo ossessivo-compulsivo; Note e Notizie 23-03-13 La microglia nel disturbo ossessivo-compulsivo.

[3] Si veda, per le alterazioni anatomiche encefaliche nell’autismo, l’articolo contemporaneamente pubblicato questa settimana: Note e Notizie 17-09-16 Il fascicolo uncinato di sinistra nel disturbo autistico.

[4] Richmond D. & Perrella G., FOXP2 e la parola, BM&L-Italia sito (www.brainmindlife.org), sezione In Corso, versione pdf,  p. 1.

[5] Il quadro clinico era dominato da una disprassia verbale dello sviluppo, alla quale si associavano vari altri sintomi evidenti nella pronuncia dei fonemi, nell’uso della lingua e nell’elaborazione della grammatica.

[6] Il lavoro del gruppo di Fisher pubblicato su Nature nel 2001 (Lai C. S. L., Fisher S. E., et al., A forkhead-domain gene is mutated in a severe speech and language disorder. Nature 413, 519-523, 2001) riporta l’identificazione di FOXP2 e la dimostrazione che in assenza della sua funzione si determina un grave disturbo foniatrico. Si tratta della prima dimostrazione di un rapporto diretto fra un gene ed una patologia evolutiva del linguaggio e costituisce la fase conclusiva di un lungo studio caratterizzato, già nel corso degli anni Novanta, dalla proposta di FOXP2 quale importante responsabile del controllo delle funzioni linguistiche.

[7] Richmond D. & Perrella G., op. cit., pp. 2-3.

[8] Rocha H., et al. Eur J Med Genet. (September) 59 (9): 478-82, 2016.